Qualche giorno fa ero intenta in una lettura pomeridiana quando mi sono imbattuta in un racconto molto famoso nelle tradizioni yoga e non solo…
“La pecora belante si trasforma in tigre che ruggisce”
Se non hai voglia di leggere, prenditi del tempo per chiudere gli occhi e ascoltare la storia che sto per raccontarti. Può essere una piccola pausa, una coccola tra un lavoro, una faccenda ed un’altra…
“Una tigre che faceva spesso incursioni in un villaggio, decimando i greggi… un giorno venne uccisa. Incinta, poco prima di morire diede alla luce un tigrotto. Inoffensivo e sconvolto, si mise a gemere in mezzo agli ovini, fin quando non si avvicinò una pecora che iniziò a dargli il latte.
Quando arrivò il pastore, nel vedere il tenero cucciolo, decise di adottarlo.
Il piccolo felino, bisognoso di latte e accudimento, iniziò a vivere con gli ovini… acquisendo, a poco a poco, i loro stessi comportamenti.
Quando i cani abbaiavano e il pastore faceva la voce grossa il tigrotto si impauriva. Sentendo belare dalla mattina alla sera si esercitava il più possibile ad emettere quel verso, e vedendo che tutte le altre bestie brucavano l’erba non gli veniva in mente altro se non mangiare anche lui l’erba.
Un giorno gli abitanti del villaggio furono messi in agitazione dall’avvistamento di una nuova tigre, ma non potendo fare nulla se non aspettare, rimasero in attesa di quello che sarebbe potuto accadere.
Una mattina la belva attaccò il gregge ma con sua somma sorpresa vedendo che in mezzo c’era anche un tigrotto, rinunciò a divorare qualche pecorella decidendo di recuperare il suo simile per riportarlo nella foresta.
Tuttavia avvertendo la paura nelle altre pecore e nei pastori il tigrotto a sua volta si impaurì alla vista dell’enorme bestia e si rifugiò nel gregge, belando e gemendo. Tentò di scappare ma la tigre fece un balzo e lo prese per il collo, tenendolo tra le fauci e strappandolo all’unico mondo che esso conosceva: quello dei pastori, dell’ovile e delle pecore terrorizzate.
Una volta nella foresta, la tigre provò a spiegare al tigrotto quale fosse la sua vera natura e il suo vero destino, ma quello continuava a tremare di paura e a belare.
Decise così di condurlo ai bordi del fiume per obbligarlo a specchiarsi, ma questi si intimorì ancora di più vedendo due tigri anziché una!
La tigre lo condusse così nella sua tana per farlo mangiare. Nel vedere la carne, un cibo per lui sconosciuto, il tigrotto si mostrò nervoso. Disorientato dai tanti avvenimenti, affamato, il cucciolo si avvicinò a quella cosa rossa, nuova e umida… ma, al primo boccone, ne rimase disgustato e la sputò velocemente. Era così diversa dall’erba alla quale era stato abituato!
La tigre decise così di fare un ultimo tentativo e gli ficcò direttamente in gola un altro pezzo di quel cibo, assicurandosi però che questa volta lo ingoiasse. Il tigrotto non poté sottrarsi e… mandato giù l’intero boccone, rimasto con quel sapore tra le fauci e l’odore ancora forte a ricordargli l’esperienza appena vissuta… sentì improvvisamente, come se si fosse appena risvegliato da un lungo sonno, che quella era la sua vera natura, il suo vero nutrimento!
Per mostrare la sua gratitudine emise un belato e, contemporaneamente, sentendo la tigre ruggire, questa volta invece di spaventarsi, il tigrotto sentì l’eco dello stesso verso nascere dapprima nella pancia, poi nei suoi polmoni, infine nella sua gola: emise il suo primo piccolo e timido ruggito.
Da quell’istante il cucciolo capì chi era veramente.”
Il piccolo tigrotto cresciuto in un ambiente accudente e ovattato come quello dell’ovile, ma inadatto per la sua natura, scopre chi è veramente e trova l’istinto per ruggire dall’assaggio di un pezzo di carne.
Il potere evocativo del cibo e l’importanza, per la nostra crescita ed evoluzione, dell’individuazione di ciò che ci nutre veramente. Sono i primi pensieri che a me hanno colpito in questa storia. …e i tuoi?
Provate ad immaginare come si possa essere sviluppato questo piccolo felino mangiando latte ovino ed erba per i primi tempi della sua vita… e, mettendo da parte il fatto che si stia trattando di una storia, di una finzione, provate a prendervi del tempo per calarvi nella situazione e ipotizzare quali strumenti e strategie di sopravvivenza il gregge può avere insegnato a quel cucciolo che sarebbe dovuto andare a vivere nella foresta.
Quante volte preferiamo vivere da pecore in un ambiente caldo-morbido, con i pastori e i cani che ci difendono, con l’erba sempre disposizione… rinunciando alla nostra natura di tigri, ai nostri istinti, a quella spinta che abbiamo dentro ma che preferiamo non ascoltare o addirittura reprimere?
Se dovessi scrivere su di un foglio il tuo personale “cibo del risveglio”: quel qualcosa che ha in te il potere di risvegliare energie, istinti, entusiasmo, creatività… cosa ti viene in mente? Se ancora non lo hai individuato, prova a prenderti del tempo per te e prova a pensare a cosa potrebbe essere. Dovrai fare delle prove… dei tentativi… ma, anche questo potrebbe essere un modo per richiamare a te attraverso “quel determinato cibo” ciò di cui hai veramente bisogno quando ti senti scarico o privo di forze.
Se hai voglia di condividere la tua esperienza, inviami pure una mail a info@atavolaconglidei.it e sarà un piacere per me parlarne insieme!
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Giulia Di Sipio, Counselor Relazionale Mediacomunicativo, Coach Relazionale Senior (posizione n°275 Ancore), specializzata in Counseling Gastronomico, concepisce il Cibo come una fonte di nutrimento olistico e uno strumento di lavoro su sé stessi: attraverso il processo alchemico che avviene in cucina, l’uomo sperimenta, trasforma, crea…e potenzia le sue abilità, la gestione delle sue risorse, la capacità di organizzazione, il problem solving.