Il Natale si avvicina e la settimana che lo precede, almeno per me, si è sempre rivelata come un momento dell’anno denso di emozioni. E’ come se ci fosse un concentrato di situazioni polari e contrastanti da dover gestire. Se da un lato camminare in una città illuminata a festa mette allegria, dall’altro, l’atmosfera natalizia è portatrice di ricordi, a volte nostalgici e malinconici. La necessità di stare in equilibrio tra gli opposti, di mediare, di avvertire le tensioni e scegliere di stare nel centro è una caratteristica di questo tempo.
Fare i regali, gli auguri, le visite… richiede lucidità, presenza, occorre fare delle scelte, dare delle priorità, entrare in contatto con gli altri, relazionarsi… e tutto questo, più che mai oggi, vuole una gestione delle emozioni. Proprie e altrui.
L’anno che sta per concludersi genera anche lui delle aspettative. Ci si appresta a compier un passaggio, più che mai condiviso nel mondo e questo ci pone spesso in una posizione scomoda dove, piuttosto che fermarci ad ascoltare quello che si muove e indirizzare i nostri pensieri e le nostre energie migliori verso ciò che vorremmo veramente… ci distraiamo. Curiamo il come e il con chi passare il tempo ma non ne curiamo la qualità.
Come mi sento? Se dovessi descriverlo con le parole, quali userei? In principio potrebbe sembrarci un esercizio banale, eppure, siamo spesso così impegnati a distrarci nel fare, piuttosto che a stare e sentirci, che abbiamo preso l’abitudine di non chiamare le cose, gli stati d’animo, con il proprio nome… facendo confusione, di conseguenza, anche nella loro gestione, elaborazione, trasformazione.
Venerdì scorso, ad esempio, stavo tenendo con Franca Errani una diretta sulla pagina Bambini e Genitori. Si stava parlando della rabbia: un’emozione spesso considerata come nociva, sbagliata, spaventosa… e dunque, spesso, implosa. Eppure noi ci arrabbiamo quando sentiamo di essere in pericolo, quando avvertiamo che i nostri spazi sono stati invasi, quando percepiamo che gli altri vicino a noi ci hanno fatto un torto, ci hanno ferito. Come non riconoscere in questa emozione così forte il suo potere riequilibrante e salvifico? Se non ci arrabbiassimo, con difficoltà riusciremmo a trovare quella grinta e quel desiderio di cambiare le cose, di spostarci dalle situazioni scomode, di investire delle energie in un processo trasformativo. La rabbia, quando è accolta per quello che è, ci offre l’opportunità di mordere la vita e andare nel mondo con una carica in più… nonché di rimettere dei sani confini lì dove sentiamo che sono stati valicati.
Oggi vorrei proporvi un esercizio… ma anche un gioco… Nel libro “Il Cibo come via, gli Archetipi come guida”, nel capitolo dedicato ad Apollo ci confrontiamo con la necessità di imparare a saper fare un lavoro di disidentificazione dalle nostre emozioni. Archetipo portatore di tanti concetti fondamentali per il nostro benessere come ad esempio: la misura, l’armonia, la distanza… Apollo è colui che ci insegna, una volta accolte e sentite le nostre emozioni, a guardarle dall’esterno, da lontano. Noi non siamo la nostra rabbia, non siamo la nostra paura, non siamo la nostra tristezza. Noi siamo tante parti e solo una di noi è triste! Vedere i nostri stati d’animo da questa prospettiva, che effetto fa? Quanto può essere importante saper guardare con un certo distacco ciò che sentiamo per poter poi trasformarlo con le adeguate strategie?
In nome di questo Archetipo, vorrei oggi proporvi una ricetta. Quando penso ad Apollo e al concetto di misura nella mia mente scatta subito il collegamento con la pasticceria. Oggi vedremo insieme una ricetta che nasce dall’idea di trasformare le nostre emozioni, anche quelle più pesanti di questi giorni, in qualcosa di dolce, profumato, soffice, leggero.
Per le dosi utilizzeremo una tazzina da caffè. Fondamentale è scegliere un momento di calma. Accendete un incenso, mettete della musica di sottofondo… voi non state solamente cucinando, ma state facendo un atto di amore verso voi stessi.
Gli ingredienti che ci occorrono sono:
3 uova
1 bustina di lievito
3 tazzine di zucchero (bianco o di canna)
3 tazzine di olio di semi
Farina di riso
Spezie e frutta secca o fresca a piacimento
Un pizzico di sale
Iniziamo con il rompere le uova in un contenitore. Con una frusta, mettendoci in una posizione comoda, incominciamo con lo sbattere, sempre nello stesso verso, le uova intere insieme allo zucchero e al sale… Respirando e portando l’attenzione a quello che stiamo facendo, senza che la mente vaghi altrove, sintonizziamo il ritmo della nostra mano con le nostre inspirazioni ed espirazioni. Non abbiamo fretta. Non c’è nessun traguardo da dover raggiungere. Ci siamo solamente noi e il nostro desiderio di trasformare.
Quali emozioni avvertiamo? Di che densità sono?
Quando avremo iniziato a vedere che le uova e lo zucchero sono diventati spumosi, prendiamoci un tempo per scegliere quali sono le energie che vorremmo imprimere alla nostra torta e quali sentiamo che possono essere di supporto al nostro umore e benessere.
Un pizzico di peperoncino? Del cacao amaro? Della calda e avvolgente cannella? Della fresca e aromatica buccia di limone grattugiata?
Ancora una volta, senza aver nessuna fretta, sintonizziamoci sul nostro stato d’animo e, facendoci guidare dalle libere associazioni, individuiamo le spezie, la frutta secca o fresca che ci sembrano essere più risuonanti. Non c’è un fare giusto o un fare sbagliato. C’è un osare. Concediamocelo. Riconosciamoci la libertà che possiamo sperimentare, giocare… e che il risultato sarà comunque il frutto della nostra esperienza.
Le spezie hanno un potere sottile. Ne basta un pizzico per avere un effetto deciso e importante. La frutta (secca o fresca) agisce in modo meno intenso delle spezie, ne occorre un quantitativo più importante prima di sentirne la presenza, ma regala, oltre ai profumi e al gusto, dei contrasti nella consistenza del nostro impasto.
Quando avremo scelto come desideriamo dare un carattere al nostro dolce del momento, aggiungiamo con delicatezza l’olio e poi il lievito insieme alla farina. Dopo aver agito con una certa energia per far sì che i primi ingredienti diventassero leggeri, ora è la volta della delicatezza. Con attenzione dovremo fare in modo che non si creino grumi e, soprattutto, che il quantitativo della farina sia quello giusto.
Non c’è una dose in questo caso. Basatevi sul vostro sentire. Le torte devono essere morbide, ma consistenti. L’impasto deve poter essere versato nello stampo con una certa difficoltà. Sperimentate e fidatevi del vostro intuito, se non lo avete mai fatto. È una questione di equilibrio.
Quando vi sembrerà che tutto sia stato amalgamato, in una tortiera di circa 18cm di diametro mettete un foglio di carta forno e adagiate l’impasto.
Cuocete a 180°C per circa 30-40 minuti.
Lasciate che la torta si raffreddi. Come tutte le cose della vita, anche questa ha bisogno di un suo tempo. Abbinatela ad un tè o una tisana, ma soprattutto, abbinatela a tutti quei momenti di questa settimana che vi sembreranno essere densi, confusi, faticosi. Condividete questo dolce con pochi intimi e fate in modo che sia la vostra coccola quotidiana.
Se vuoi sapere come si possa applicare tutto questo al tuo quotidiano o desideri un supporto per un percorso di crescita personale a partire dalla tua relazione con il cibo… contattami!
Potrebbe interessarti anche: “sfAmiamoci”
Potrebbe interessarti anche: “Il Cibo come via di crescita personale”
Potrebbe interessarti anche: “Mangiare è un’attività olistica”
Potrebbe interessarti anche: “Il valore delle piccole cose”
Potrebbe interessarti anche “Dei biscotti un po’ speciali”
Giulia Di Sipio, Counselor Relazionale Mediacomunicativo, Coach Relazionale Senior (posizione n°275 Ancore), specializzata in Counseling Gastronomico, concepisce il Cibo come una fonte di nutrimento olistico e uno strumento di lavoro su sé stessi: attraverso il processo alchemico che avviene in cucina, l’uomo sperimenta, trasforma, crea…e potenzia le sue abilità, la gestione delle sue risorse, la capacità di organizzazione, il problem solving.