Il Voice Dialogue è un metodo particolarmente elegante per conoscere, apprezzare e creare relazione, dentro di noi, con quelle parti che abbiamo “lasciato fuori” dalla coscienza diurna. Creato negli anni ‘70 dalla coppia di psicoterapeuti Hal e Sidra Stone, il Voice Dialogue è chiaramente connesso al mondo della psicologia junghiana – Hal[1] infatti si formò alla psicologia del profondo ed esercitò per molti anni come psicoterapeuta junghiano, diventando anche presidente della Associazione junghiana di Los Angeles.
Il concetto di molteplicità psichica, che è un cardine del Voice Dialogue, è già ben presente nella visione junghiana: Jung parla di questo mondo interiore come del “piccolo popolo” e James Hillman – allievo di Jung e suo successore al centro Eranos in Svizzera – descrive la nostra identità come basata su un “io policentrico”, capace di essere in contatto e fluire senza troppa difficoltà attraverso i diversi aspetti – chiamati anche sub-personalità – di cui ciascuno di noi è ricco.
Queste sub-personalità quasi sempre si mostrano in opposizione: anche il libro vi ha presentato le coppie di dèi o dee attraverso questo principio, che viene poi superato dalla comprensione della loro più profonda complementarità. Questi aspetti vivono in noi, potremmo anche dire che vivono “attraverso” di noi: quando un aspetto ci abita, la nostra visione del mondo, la nostra postura, le nostre emozioni e convinzioni, i nostri desideri e bisogni si colorano di questa realtà. Pensiamo al critico interiore – che abbiamo incontrato parlando di Saturno – alla parte sensuale – afroditica – al perfezionismo apollineo e alla aggressività marziale…
Durante il percorso di crescita, in cui il nostro bisogno di sopravvivenza è molto legato al sentirci parte della comunità, alcuni di questi aspetti diventeranno dominanti – o primari: in genere sono quelli che ci fanno sentire bene, apprezzati e “a posto”. Una delle “azioni” che questi aspetti dominanti compiono è quella di tentare di proteggere (molto spesso nascondendola anche al nostro stesso sentire) le nostre parti vulnerabili e sensibili – un mondo delicato non particolarmente apprezzato a livello sociale e lavorativo.
La conoscenza di questi sé interiori è uno degli aspetti più affascinanti del metodo del Voice Dialogue, in cui questo avviene attraverso diverse tecniche, di cui la più specifica è quella della “intervista ai sé”. È tuttavia importante comprendere che questo processo non ha – o non ha soltanto – lo scopo di farci conoscere queste parti (per migliorare la nostra relazione con ciascuno di loro); questo potrebbe diventare un percorso senza fine privo, alla fine, di incisività rispetto alla nostra vita. Lo scopo è quello di creare la consapevolezza di questo processo interno, in modo da imparare a “separarci” da questi aspetti potenziando quello che nel Dialogo viene definito il “Processo dell’Io Cosciente”.
Lo scopo del Dialogo è quindi questo processo, di cui le interviste ai sé interiori costituiscono un momento importantissimo ma non unico. Questo processo avviene insieme a un Facilitatore[2] che conosce bene le varie sub-personalità dentro di sé avendo vissuto a fondo questo percorso e avendo imparato a “navigare” in queste acque; il risultato è un Io più amplio e, appunto, policentrico, che non resta “fissato” in modo intransigente solo agli aspetti dominanti, ma impara a riconoscere e apprezzare anche le qualità che emergono dalle parti soffocate durante il processo di crescita.
Dal punto di vista del Dialogo, quindi, quella frizione tra le parti è frutto di un naturale processo di identificazione che avviene durante la prima parte della vita; non ha nulla di patologico, anzi è stato l’unico modo che avevamo per attraversare determinate fasi della vita. Tuttavia, raggiunta una certa maturità, il sistema di sub-personalità può ricevere energia, maggiore saggezza, comprensione e sensibilità grazie alla “riapertura” del contatto con le parti che erano state “messe in cantina”. Rilasciare la cosiddetta “tensione degli opposti” è un’esperienza di sollievo interiore: tutta la carica energetica che usavamo per tenere lontani taluni aspetti viene rilasciata, aumentando la nostra energia vitale e mettendola a disposizione per la nostra vita, fino a che possiamo comprendere che due aspetti possono anche non andare d’accordo, ma che possiamo concedere loro questa diversità, creando uno spazio interiore per entrambi senza identificarci troppo con essi, in modo da poterci muovere con maggiore flessibilità e anche humour nelle onde della vita.
[1] Se ti interesse conoscere meglio la storia di Hal, la sua evolozione psico-spirituale, puoi leggere: Hal Stone, Tra Terra e Cielo, edizioni InnerTeam.
[2] Può essere Counselor, Coach, Psicologo o altra professione relata alla Relazione di Aiuto