A metà tra il Solstizio d’Estate e l’Equinozio d’Autunno, con l’arrivo del mese di agosto, si celebra, secondo gli antichi rituali pagani che connettevano gli uomini e le donne con la natura e i cicli dell’anno, l’inizio del raccolto e la fine dell’estate.
Ma come? Vi chiederete voi… ma se stiamo ancora programmando le vacanze estive… dobbiamo ancora organizzare come trascorrere Ferragosto… com’è possibile che siamo già alla “fine dell’estate”?
Un tempo, quando si era più vicini ai cicli naturali, dopo aver seminato e raccolto i frutti del proprio lavoro, si considerava già pressoché conclusa la stagione estiva alla vigilia del mese di Agosto e gli uomini lentamente iniziavano a prepararsi per la stagione autunnale e dunque per il ritiro. Anche l’energia cambiava in modo radicale. Se fino a quel momento si era trascorso un tempo dedicato all’esteriorità, da qui in poi, la ruota dell’anno girava a tal punto, da riproporre nuovamente l’esigenza di un’introversione. Di un ritirarsi gradualmente nel proprio bozzolo.
L’odierna festa di Ferragosto, per molti occasione per organizzare feste e pic nic, in realtà, affonda le sue radici nelle tradizioni celtiche che onoravano il raccolto attraverso tre festività. La prima, dal nome Lughnasadh veniva celebrata in onore del Dio Lug, Dio del grano, colui che portava in sé il simbolo della morte e della rinascita, ma anche del nutrimento. Il nome sassone dato alla festa dopo la cristianizzazione fu Lammas, “Messa delle Pagnotte”, perché era l’occasione in cui le prime pagnotte ottenute con il nuovo raccolto venivano infornate e posizionate, una volta cotte, sugli altari delle chiese come offerte per esser benedette.
Il 1° Agosto era un giorno rappresentativo dei “primi frutti” e per tanto veniva celebrato mediante la produzione di un pane speciale che onorava questo passaggio in tutta la sua essenza.
Sebbene il Dio Lug, Dio del grano e la festività di Lughnasadh per molti di noi possono sembrarci come distanti e poco vicini alla nostra cultura e alle nostre tradizioni, trovo che onorare il raccolto e celebrare questo momento che ci prepara al passaggio prossimo dall’estate all’autunno sia molto interessante, nonché occasione di una importante riflessione.
Quando ero bambina, ho sempre pensato che il vero “inizio” non fosse mai il 1 Gennaio di ogni anno, ma bensì Settembre. Fin quando ho frequentato le scuole dell’obbligo, nella mia famiglia, c’è sempre stata infatti l’usanza che io, una volta uscite le pagelle o i quadri, mi recassi per le vacanze estive: prima presso la casa dei miei nonni materni e poi presso la casa della mia madrina di battesimo. I mesi che trascorrevo lontano dalla mia città natale, Roma, erano sempre particolarmente intensi.
Sia quando stavo presso i miei parenti più prossimi, in Abruzzo, sia quando soggiornavo con la famiglia della mia madrina, in Sardegna, ero solita investire tantissime energie in attività, hobby, amicizie… nuove. Ogni occasione era buona per poter fare delle esperienze che in città sarebbero state proibitive.
Quando divenni più grandicella, il primo mese, mese e mezzo, iniziai ad investirlo in qualche piccolo lavoretto estivo anche… Amavo l’idea di guadagnarmi da sola i soldini che mi sarebbero serviti per togliermi degli sfizi. Anche in questo senso, ogni anno amavo cambiare lavoro e dunque contesto, stimoli, sollecitazioni… e all’avvicinarsi del mese di Settembre, ricordo distintamente come tutte le emozioni e le esperienze vissute durante l’estate avessero in un certo qual modo segnato uno spartiacque tra il prima e il dopo.
Pensare all’inizio della scuola, al rientro a Roma, ogni anno mi portava a dovermi “preparare”… a dover trovare un nuovo equilibrio tra quello che ero, che ricordavo di aver lasciato e la nuova me. Era come se, quei pochi mesi, ogni volta, fossero sufficienti a farmi compiere un passaggio.
Quando iniziai a lavorare nel mondo vitivinicolo, se da un lato dovetti abbandonare l’abitudine a fermarmi durante l’estate, l’inizio della vendemmia, segnò sempre per me un momento fondamentale dell’anno… un inizio di un nuovo ciclo.
Oggi che la ruota è ancora una volta girata e che non sono più così legata al mondo agreste, alla campagna, ai vigneti e al ciclo sacro che lega l’uomo al nettare di Dioniso, quel filo sottile lo sento ancora forte… tanto da scegliere di onorarne la continuità e la presenza, mediante la produzione del “mio pane speciale”.
Nonostante i miei studi e la mia lunga esperienza di vita con il mondo enologico mi abbiano trasmesso l’antico sapere che il Dio Bacco insegnò agli uomini, circa la trasformazione del mosto in vino, ho sempre affermato che nella propria casa, pensare di poter gestire l’esuberanza del succo d’uva in fermentazione è cosa troppo difficile senza un’adeguata attrezzatura… e poiché vino e pane sono due alimenti tra loro profondamente connessi, se non altro perché entrambi ottenuti grazie alla misteriosa, quanto miracolosa, attività dei lieviti saccaromiceti, piuttosto che cimentarmi nella produzione del vino, ho sempre scelto, in occasione del 1 agosto, di produrre una pagnotta.
Impastare amorevolmente la farina con l’acqua, il lievito e un pizzico di sale… aspettare che il tutto lievitasse dolcemente e prendesse quella forma tondeggiante e rassicurante… mi ha sempre dato calma, serenità… e tempo… quel tempo necessario a stare con le mie emozioni, i miei pensieri, le considerazioni circa le trasformazioni che stavano avvenendo fuori e dentro di me.
Oggi che sono consapevole di quanto questa abitudine sia diventata un rito per me che onora un momento preciso di passaggio dell’anno, con gratitudine, desidero condividerla con voi, affinchè l’energia che ho ricevuto dalla sua pratica, possa essere restituita e mantenuta viva.
Dosi per una pagnotta di pane
- 400gr di farina bianca
- 100 gr di farina integrale o di farro
- 2 cucchiaini di zucchero
- 1 cucchiaino di sale fino
- 2 cucchiai abbondanti di semi di chia
- 1 bustina di lievito di birra secco
- Acqua a temperatura ambiente
Procedimento
Prenditi un momento tutto per te. Spegni il telefono, allontana qualsiasi forma di distrazione e prepara la cucina pulendola e sistemandola, come se stessi preparando un luogo che dovrà ospitare un evento importante e sacro.
Scegli una tovaglia che possa coprire il piano di lavoro sul quale lavorerai che ti evoca delle vibrazioni piacevoli. Non lasciare nulla al caso, ma con amore e generosità, porta un’attenzione ad ogni piccolo dettaglio.
In una terrina ampia, mescola tutti gli ingredienti secchi con un mestolo di legno in senso orario. Senza fretta. Inizia a respirare l’energia che questa pratica emana fin dal suo principio. L’obiettivo non sarà finire, ma piuttosto godere di ogni singolo passaggio.
Se ad ogni ingrediente dovessi associare un ambito della tua vita,
cosa vorresti miscelare insieme?
Quando vedrai i piccoli semini neri uniformemente distribuiti, aggiungi a poco a poco l’acqua a temperatura ambiente.
Non correre. Senti la consistenza cambiare sotto il mestolo. A poco a poco. Guarda come tutto prende forma.
A cosa vorresti dare forma nella realtà materiale che già esiste nella dimensione sottile?
Se con il mestolo ora avverti difficoltà nell’impastare, aiutati con le mani.
Ci vorrà del tempo e un po’ di pazienza affinchè tu riesca a dosare la giusta quantità di acqua. E’ probabile che tu ti debba magari aiutare con un pizzico di altra farina, se necessario.
Cosa senti come appiccicoso nel tuo quotidiano?
Come potresti provare a renderlo più elastico e funzionale alla tua vita?
Una volta che la pasta sarà diventata compatta ed elastica al tempo stesso, con un coltello a punta, traccia sulla sua superficie una croce. Accompagna questo ultimo passaggio, prima della lievitazione con una benedizione. Benedici questo panetto affinchè cresca e lieviti dolcemente. Come i tuoi progetti e le tue intenzioni.
Quali progetti vorresti che lievitassero nella tua vita?
In che modo potresti sostenerne la crescita, l’evoluzione, la trasformazione?
Coperto da un panno umido, lascia che la pagnotta lieviti per un tempo di almeno due ore al riposo. Lascia che il suo riposo sia sostenuto da una tua attività parallela nutriente per te e per lei. Puoi leggere un libro, ascoltare una musica rilassante… o fare una lista di tutti quei progetti che vorresti prendessero forma nella tua vita. A partire da Settembre.
Quando vedrai l’impasto raddoppiato, procurati un centrino, appoggialo sulla superficie della pagnotta e spolvera della farina.
Accendi il forno a 200°C e cuoci per 45-60 minuti, sempre accompagnando il momento energeticamente.
Durante la cottura, prova a soffermarti su quali emozioni si sono mosse dentro di te durante questo rituale?
Cosa vorresti fissare nella tua mente e nel tuo cuore in questo momento?
Una volta cotto, lascia che il pane realizzato riposi fino a raffreddarsi, poi taglialo e lascia che diventi fonte d nutrimento profondo per te e le persone che ami.
Puoi assaporarlo da solo o con un filo di olio. Quando lo assaggerai, lasciati il tempo per gustarne i profumi, la fragranza, le sensazioni tattili e gustolfattive… Mangialo dapprima da solo, in piccoli pezzetti che terrai in bocca per un tempo più lungo rispetto al tuo solito. Non avere fretta. I frutti del proprio lavoro hanno bisogno di un tempo per essere assimilati, ma soprattutto hanno necessità di essere riconosciuti e onorati per quello che rappresentano.
Quando avrai finito la tua meditazione dinamica, dì per tre volte grazie.
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Giulia Di Sipio, Counselor Relazionale Mediacomunicativo, Coach Relazionale Senior (posizione n°275 Ancore), specializzata in Counseling Gastronomico, concepisce il Cibo come una fonte di nutrimento olistico e uno strumento di lavoro su sé stessi: attraverso il processo alchemico che avviene in cucina, l’uomo sperimenta, trasforma, crea…e potenzia le sue abilità, la gestione delle sue risorse, la capacità di organizzazione, il problem solving.